Separazione e divorzio: cosa cambia con le nuove norme

Con l’entrata in vigore delle modifiche volute dall’ex Ministra della Giustizia Cartabia sotto il Governo Draghi, da marzo di quest’anno le regole su divorzio e separazione sono cambiate: si potrà ottenere la separazione e il divorzio con un unico procedimento, con tempi più brevi, ma anche con eventuali sanzioni in caso di violazione degli accordi fra le parti. Vediamo le differenze fra le due procedure, e cosa cambia con le novità introdotte.La separazione si divide in consensuale o giudiziale. Si parla di separazione consensuale quando i due coniugi si separano di comune accordo e si dichiarano d’accordo anche sulle condizioni del divorzio. In questo caso l’intervento del giudice ha l’unico scopo di sancire l’accordo tra le parti. Differente la situazione per quanto riguarda la separazione giudiziale: qui l’accordo manca e sarà il tribunale a pronunciare la sentenza di separazione, determinandone anche le condizioni.Per divorzio si intende lo scioglimento definitivo del vincolo matrimoniale, pronunciato su sentenza del giudice. Con questo cessano in maniera definitiva gli effetti del matrimonio, sia sotto il profilo patrimoniale che personale. I due ex coniugi, a seguito di divorzio, possono nuovamente sposarsi. Con la separazione in atto, che sia di fatto o legale, invece, non ci si può risposare.Entrata in vigore lo scorso marzo, la riforma su divorzio e separazione introdotta dall’ex Ministra della Giustizia Cartabia, è stata applicata per la prima volta dal Tribunale di Milano il 9 maggio scorso, convalidando la separazione consensuale tra due coniugi che, attraverso lo stesso ricorso, hanno chiesto anche il divorzio. Poiché la legge prevede ancora che tra separazione consensuale e divorzio debbano passare almeno sei mesi, il tribunale, dopo avere provveduto a pronunciare la separazione, ha chiesto ai coniugi di comunicare, entro tale termine la loro volontà a non riconciliarsi, in modo che si possa formalizzare il divorzio in via definitiva.Nel dettaglio, la riforma prevede un limite di 90 giorni per la prima udienza e un unico canale di giudizio, eliminando il passaggio davanti al presidente prima e al giudice istruttore poi. L’applicazione delle regole stabilite dalla Riforma Cartabia in materia di separazione e divorzio, permetterà ai coniugi un risparmio notevole, potendo depositare in tribunale un unico ricorso anziché due, come avveniva in precedenza. A risparmiare risorse ed energie, saranno anche i tribunali, dovendo gestire un unico fascicolo.Se i coniugi in procinto di dividersi riescono a trovare un accordo, e in caso non vi siano figli minorenni o non autosufficienti o, ancora, trasferimenti patrimoniali da gestire, si può procedere con il divorzio congiunto, anche senza ricorrere a un avvocato, recandosi davanti al sindaco o ad un ufficiale preposto, purché siano quelli del Comune di residenza di uno dei due coniugi, o di quello che ha trascritto l’atto di matrimonio. La procedura di divorzio in Comune prevede un costo di circa 16 euro, che corrispondono ai diritti da versare all’Ufficio di Stato Civile. Differenti, anche se relativamente contenuti, i costi per divorzio congiunto in tribunale e per quello con negoziazione assistita (che consente, in alcuni casi, di gestire la procedura senza presentarsi in tribunale), che vanno dai 1.000 ai 3.000 euro, in base alla scelta dell’avvocato e alla complessità del caso.


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