GDF Corruzione : Divise sporche a processo. Cinque pesanti condanne

Cinque condanne (pesanti) e due assoluzioni. Si è chiuso così nelle scorse ore il processo di primo grado per un presunto giro di mazzette e regali a carico di alcuni finanzieri delle Fiamme gialle della Compagnia Brescia e imprenditori.Si parla dei luogotenenti Cosimo D’Agnano e Alessandro Cerri, finiti sotto processo con l’appuntato scelto Gioacchino Pontrelli e gli imprenditori Alessandro Bondoni, Bruno Primerano, Roberto Taino, oltre all’ex sindaco di Travagliato Domenico Paterlini, titolare di una farmacia fallita. Corruzione, rivelazione di segreti d’ufficio, falso, atti contrari ai doveri d’ufficio erano le contestazioni mosse a vario titolo. La presidente della seconda sezione Maria Chiara Minazzato, sposando nella sostanza la tesi accusatoria, ha inflitto a D’Agnano 8 anni (e 20mila euro di risarcimento al Corpo), 5 anni e 4 mesi a Pontrelli (e 1900 da corrispondere alla Finanza), sei anni e 8 mesi a Cerri (e 10mila euro di risarcimento per le Fiamme gialle). Per tutti ha disposto l’interdizione perpetua ai pubblici uffici. E ancora, due anni e otto mesi (e 2.300 euro di risarcimento alla Finanza) per l’ex sindaco Paterlini, quattro anni (e 10mila euro da corrispondere alla Finanza) per l’imprenditore Bondoni. Assolti infine Primerano e Taino. Stando all’inchiesta, condotta dal pm Donato Greco e dagli stessi finanzieri, determinati a stanare irregolarità anche quando annidate tra i colleghi, i pubblici ufficiali tra il 2017 e il 2019 in cambio di mazzette e regali (o promesse degli stessi) per circa 50mila euro ammorbidirono controlli, fecero soffiate, consultarono banche dati riservate. “Cimici” e microcamere installate nello studio del commercialista Massimo Bulgari – coinvolto dall’inchiesta e già condannato in abbreviato – avrebbero rivelato un assiduo andirivieni di imprenditori e militari. “Dai che rientriamo da quello che abbiamo perso” commentano al telefono D’Agnano e Pontrelli in merito a una presunta offerta di 20mila euro. In aula gli imputati hanno negato gli addebiti, sostenendo che quelle non erano mazzette, ma prestiti e compensi per consulenze varie. Le frequentazioni con il commercialista, ritenuto dalla Procura un intermediario tra finanzieri e imprenditori, a loro dire erano assidue solo perché in vista c’era una collaborazione professionale.


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