Ex Ilva, nessun accordo tra i soci: scontro su chi deve ricapitalizzare

Muro contro muro sui soldi. Ennesimo passaggio a vuoto per Acciaierie d’Italia. L’assemblea dei soci si è chiusa ieri pomeriggio con il rifiuto di ArcelorMittal a finanziare la società, che è in una condizione catatonica, secondo la quota che gli spetta come azionista di controllo. Lo psicodramma della finanza di impresa minima dell’ex Ilva si ripeterà nella prossima assemblea dei soci fra otto giorni, mercoledì 6 dicembre. Otto giorni di distanza, non solo per ragioni statutarie, ma anche perché – dopo due mesi di Via Crucis con una liquidità ridotta ai minimi termini – tutti quanti – inclusa ArcelorMittal, che ha chiesto la nuova assemblea – si rendono ormai conto della gravità della situazione, con una ex Ilva che rischia di trasformarsi rapidamente da impresa in via di decozione a impresa decotta.Il socio indiano ha il 62% del capitale. Lo Stato – attraverso il veicolo Invitalia – ha il 38 per cento. Ieri il socio pubblico ha chiesto – secondo la linea indicata dal ministro del Tesoro, Giancarlo Giorgetti – di rispettare le proporzioni: su 100 euro di denaro fresco, lo Stato è disponibile a mettere 38, ma all’azionista privato tocca aggiungerne 62. La famiglia Mittal e il suo management internazionale hanno detto di no. E, a quanto risulta al Sole 24 Ore, avrebbero anche ricordato al socio pubblico un particolare non irrilevante: Invitalia ha sottoscritto a inizio anno un finanziamento a favore di Acciaierie d’Italia per un valore di 680 milioni di euro, tecnicamente un finanziamento soci a futuro aumento di capitale. Per i Mittal, dunque, lo Stato potrebbe convertire una parte di questo finanziamento ad aumento di capitale e, quindi, salire automaticamente a una quota di maggioranza, ribaltando così le proporzioni dei denari freschi da immettere nella disastrata ex Ilva. Questa posizione-provocazione-suggerimento è coerente con la strategia di totale deconsolidamento della controllata italiana dal gruppo siderurgico della famiglia indiana e il relativo disimpegno finanziario su circolante-investimenti-ripatrimonializzazione. Ma contrasta con la linea dello Stato italiano, interpretata dal ministro degli Affari europei e le Politiche di coesione Raffaele Fitto, contrario al controllo pubblico dell’impresa.


Pubblicato

in

,

da

Tag:

Commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *