Il generale Roberto Vannacci si confessa

Il generale Roberto Vannacci è sempre al centro del dibattito. Prima per il libro Il mondo al contrario, poi per le sospensioni, le inchieste, le querele, le accuse. Ora, che è alla vigilia dell’uscita del prossimo libro, l’autobiografia Il coraggio vince, ha deciso di raccontarsi a tutto tondo. Nonno nella marina militare, padre nell’esercito esperto di artiglieria contraerea, l’esercito scorreva nelle sue vene fin da piccolissimo, a Ravenna, dove trascorse i primi anni: «Il 1973, avevo 5 anni. Con i figli degli altri ufficiali entrammo nell’armeria. Io mi intrufolai tra le sbarre, misi un elmetto, presi un fucile, ne passai altri ai miei compagni… Ci sorprese un caporale che per poco svenne». Così racconta l’ufficiale al Corriere della Sera, cui concede una lunga intervista. Che parte proprio da lontano, quando, bambino trasferitosi a Parigi, fingeva di inciampare in metropolitana per toccare i neri: «Ma avevo sei anni! – si difende – E non avevo mai visto un nero in vita mia. Mi colpiva il bianco degli occhi, dei denti, del palmo delle mani. Volevo vedere se erano fatti come noi». Io ho rischiato la vita, mia e dei miei uomini, in Somalia, in Ruanda, in Costa d’Avorio, nello Yemen, in Iraq, in Afghanistan, per salvare la vita di persone con la pelle diversa. Quando scrivo che Paola Egonu non ha i tratti somatici dell’italianità, non discrimino; esalto una differenza». Paola però l’ha querelato: «Se io dicessi che non può entrare al bar, allora sarei discriminatorio. Io dico al contrario che è un valore aggiunto, ha un effetto propulsivo; senza di lei nella pallavolo non vinceremmo».Indagato per istigazione all’odio razziale, non ci sta: «La ritengo un’accusa totalmente infondata. Il mio libro è un’ode alle diversità. Ma l’elogio della diversità è ben diverso dalla discriminazione. La diversità consiste nel riconoscere caratteristiche diverse in ognuno di noi: cultura, origini, etnia, religione, credo politico. La discriminazione riguarda i diritti e la dignità; e nei miei libri non vi è traccia di questa esecrabile posizione ideologica».  Altro argomento spinoso affrontato nel suo libro è la tematica omosessuale. Lui assicura di non avercela con i Gay Pride, ma « con l’ostentazione. Una volta l’anno, va bene; tutti i giorni, con una pressione continua, dà fastidio a molti. Non sono omofobo, ho comandato soldati omosessuali. Ma quando mi dicono che gay e lesbiche si nasce, non sono del tutto d’accordo.Sulle altre inchieste in cui è indagato oppone un «no comment». Ma non disdegna di parlare dei politici. Come Vladimir Putin: «Un autocrate, che ha avuto il merito di riportare il suo Paese al rango di grande potenza, e ha commesso gli errori che commettono gli autocrati. Motivo per cui non posso stimarlo». Ma anche qui vuole essere chiaro: «Io non ho mai criticato la Nato. Sono per la difesa delle frontiere e per l’emigrazione legale. Il modello sono l’Australia e il Giappone, dove nessuno può entrare illegalmente». E spiega che definire uno statista Benito Mussolini ha un senso: «Confermo.


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