Imprenditore assolto dalla Corte d’appello non pagò 500mila euro di Iva.

Era stato accusato di non aver versato quasi 543mila euro di Iva dall’azienda di cui era rappresentante e che, di lì a tre mesi, sarebbe fallita. Così era finito nel 2021 era stato condannato a nove mesi l’ex amministratore della storica azienda di parquet e rivestimenti in legno Gazzotti spa, poi Bopar Spa, fallita nel marzo 2018. L’imprenditore, difeso dall’avvocato Gabriele Bordoni, oltre a pene accessorie aveva subito anche la confisca dei beni per l’equivalente del presunto profitto del reato. Maxi somma che in questi anni lo ha fatto convivere con l’angoscia di vedersi sottrarre la casa in cui vive e con i problemi connessi all’operatività finanziaria.Ora però la Corte di appello ha ribaltato la decisione e assolto il quarantenne. I giudici hanno così di fatto accolto la linea della difesa dell’imputato sulla mancanza dell’elemento soggettivo del reato: in vista del fallimento ormai inevitabile, infatti, la scelta di non pagare l’imposta può essere giustificata se si teme altrimenti di violare la cosiddetta par condicio fra i creditori. Tant’è che furono gli stessi consulenti a confermare all’imputato la correttezza dell’operazione. Il quale, ferma restando l’omissione del pagamento del tributo, per la difesa agì in buona fede e anzi, in una prima fase l’omesso accantonamento delle imposte dovute era stato coerente con un suo estremo tentativo di fronteggiare la grave situazione dell’impresa, non determinata dal lui ma ereditata da una gestione precedente. Inoltre, ha sostenuto in aula la difesa, se avesse pagato quel debito, lo avrebbe fatto solo per mettersi al riparo proprio dall’accusa che poi in effetti gli è stata rivolta, esponendosi per giunta al rischio di una più grave accusa di bancarotta preferenziale. Valutazione magari inesatta, ma giustificabile.


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