Bond turchi in dollari fino a +30% in un anno, rischio default

E’ passato quasi un anno da quando il presidente Recep Tayyip Erdogan ha ottenuto il secondo mandato con il ballottaggio alle elezioni di maggio 2023. In molti all’estero e in patria avevano sperato in una svolta con la vittoria dell’avversario, mentre alla fine ha prevalso il debito di riconoscenza dei cittadini turchi nei confronti del fautore del miracolo economico degli ultimi venti anni, nonché il loro timore per un possibile salto nel buio. Da allora è cambiato parecchio da un punto di vista della policy ad Ankara. E i bond turchi denominati in dollari Usa hanno segnato rialzi spettacolari rispetto ai minimi registrati proprio a ridosso delle elezioni. Erdogan ha permesso nell’ultimo anno all’istituto di fare quello che è necessario per portare la Turchia fuori dalla crisi: svalutazione della lira del 40%, aumento dei tassi di interesse dall’8,50% al 50% e riduzione dei controlli sui capitali. L’inflazione resta alta in conseguenza proprio dell’indebolimento del cambio, ad aprile sfiorava il 70%. L’aumento mensile dei prezzi al consumo non accenna a contrarsi: +3,18% dal +3,16% di marzo. C’è ancora tanta strada da fare per normalizzare la situazione. Il governo ha da poco annunciato un piano triennale di austerità per ridurre la spesa pubblica e contribuire così al raffreddamento dell’inflazione. Il mercato sta apprezzando. I credit default swaps, che misurano il rischio sovrano, per i bond turchi è crollato da un massimo di 703 punti base di un anno fa ai 270 attuali. Chi acquista titoli del debito, oggi paga il 2,7% all’anno del valore nominale per proteggersi da un eventuale evento creditizio nei successivi cinque anni, mentre un anno fa doveva sborsare più del 7%. Evidente che c’è minore paura tra gli investitori. La prima della crisi finanziaria del 2018 i bond turchi sfoggiavano CDS a 5 anni a 160 punti. Quei livelli non sono stati più toccati da allora, segno che il mercato negli ultimi anni ha scontato un più alto rischio di default. Del resto, la Turchia ha perso lo status “investment grade”. Il suo debito è considerato “spazzatura” da tutte le principali agenzie di valutazione. Ma come vi anticipavamo, le emissioni in dollari si sono di molto apprezzate nell’ultimo anno. La scadenza a 5 anni del 26 aprile 2029 e cedola 7,625% (ISIN: US900123CT57) è passata da circa 86,60 centesimi a più di 102. Il rendimento complessivo, cedola effettiva e cambio inclusi, è stato del 27% per noi investitori dell’Eurozona. La scadenza decennale del 14 febbraio 2034 con cedola 8% (ISIN: US900123AT75) ha fatto anche meglio. Quota attualmente a 105 contro i minimi sotto gli 88 centesimi di un anno fa. In tutto, il rendimento si aggira intorno al 29%. Ne consegue che i bond turchi in dollari a 5 anni offrono al momento un rendimento in area 7,15%, a spread di circa 280 punti sul Treasury di pari durata. I decennali rendono il 7,40%, a spread di quasi 310 punti. E il rally potrebbe non essere finito. Se i CDS segnalano possibili margini di ulteriore discesa per il rischio sovrano percepito, d’altro canto con l’attesa decelerazione dell’inflazione turca i tassi potrebbero iniziare a scendere verso la fine dell’anno. E con esso anche il rischio teorico di credito, spingendo il mercato a pretendere rendimenti minori per le emissioni in valuta locale e straniera. Bond turchi in dollari fino a +30% in un anno, rischio default crollato e rally non ancora finito proviene da Obbligazioni 


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